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Con due presidi, Slow Food è presente anche in Bosnia

14 Set 2015
Elena
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Slow Food è planetario e lo dimostra anche in Bosnia Erzegovina, dove è presente con due presidi: “formaggio nel sacco” e “Slatko di prugne posegaca”, una specie di conserva di frutta. Procediamo con ordine; un grande sacco di pelle di pecora rivoltata di color marroncino chiaro: ecco come si presenta il sir iz Mijeha (formaggio nel sacco) dell’Erzegovina. Secondo le dimensioni dell’animale si possono ottenere “forme” che vanno dai 30 ai 70 kg di prodotto finito. Ed è proprio il contenitore, il sacco, che caratterizza fortemente questo prodotto.
Tradizionale dell’Erzegovina, il formaggio nel sacco può essere prodotto con latte crudo di pecora, di capra, di vacca o, più spesso, con una combinazione dei tre. Il latte ovino viene dalla pramenka, una razza autoctona dalla triplice attitudine e caratterizzata da vello bianco, testa e zampe nere. Il latte vaccino proviene da altre due razze autoctone – la busa e la gatacka – un tempo diffuse in tutta la Bosnia Erzegovina, ma oggi soppiantate da razze internazionali. La busa è un animale rustico e di piccole dimensioni. Il suo mantello può essere grigio, marrone rosso e talvolta nero (con una linea più scura sul dorso). La gatacka, invece, è un incrocio fra busa e grigia del Tirolo. Leggermente più grande della prima, si caratterizza per il mantello grigio.
Subito dopo la mungitura, il latte è filtrato in un telo di cotone e lavorato. La coagulazione termina un’ora e mezza circa dopo l’aggiunta del caglio, quando la cagliata si deposita sul fondo. Con l’aiuto di un mestolo, si rompe in grumi della dimensione di una noce, per facilitare la fuoriuscita del siero. Quindi si sistema la massa su un telo e si pressa con una pietra per 12 ore. Al termine si procede a una seconda rottura della cagliata (con le mani), si sala e si ripone nel sacco di pelle di pecora, con l’aiuto di un bastone. Una volta colmo, il sacco è chiuso e riposto in un locale fresco idoneo alla maturazione, dove stagionerà da due mesi a un anno. La preparazione del sacco prevede una tecnica particolare: occorre macellare la pecora senza danneggiarne la pelle, rasarla e lavarla con acqua bollente e siero. Quando il sacco è asciutto si legano le zampe e il collo e si riempie d’aria. Poi si appende nel locale usato per affumicare i salumi e si fa essiccare. Si procede quindi a un secondo lavaggio del sacco e si mette ad asciugare all’aria aperta fino al momento in cui diviene facilmente manipolabile.
Il colore del formaggio maturo è bianco o giallo paglierino. Si serve come antipasto, accompagnato con patate lesse o con prosciutto e ustipci (gnocchi fritti).

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Nella lingua bosniaca slatko vuol dire dolce, ma la parola si riferisce anche a una conserva sciroppata a base di prugne. Oggi lo slatko è prodotto in diverse zone di Bosnia, Serbia, e Croazia ma non è più diffuso come un tempo. Nell’alta valle del fiume Drina, vicino alla città di Goradze, in Bosnia-Erzegovina, la sua preparazione è particolarmente laboriosa. L’intero processo di lavorazione è eseguito a mano. Dopo avere lavato le prugne, si procede alla pelatura partendo dal picciolo in modo da asportare la buccia con maggiore facilità. Le prugne sbucciate sono immerse in una soluzione di acqua fredda e calce viva per circa 45 minuti, così da evitare la rottura della polpa al momento della denocciolatura e al fine di mantenere limpido lo sciroppo e soda la polpa durante la cottura. Si procede quindi all’estrazione dei noccioli con l’ausilio di uno spiedino o un ferro da maglia. Infine le prugne sono cotte in acqua e zucchero con l’aggiunta di fette di limone nell’ultima fase di cottura. Altre varianti prevedono l’aggiunta di chiodi di garofano, di noci o di mandorle nella polpa delle prugne.
La città di Goradze si affaccia sul fiume Drina, a 120 chilometri a sud est di Sarajevo, ed è circondata da una bassa catena montuosa che confina con la Serbia e il Montenegro. L’isolamento fisico e culturale, dopo la seconda guerra mondiale, ha reso questa zona la sede ideale per l’industria bellica e chimica ma, prima del comunismo, l’Alta Valle Drina era celebre per la frutta e, prima ancora, per le vigne: oggi i goradzeni stanno tentando di recuperare i frutteti abbandonati cinquant’anni fa. Storicamente lo slatko era fatto in casa per le occasioni speciali. Ora le donne di Goradze stanno cercando di proporlo sul mercato, trasformandolo in una fonte di reddito. Le prugne, ingrediente principale dello slatko, appartengono a un ecotipo locale particolarmente robusto di Prunus insistitia conosciuto con il nome di pozegaca. Nell’Alta Valle Drina, le prugne hanno tre utilizzi: da tavola (la prima raccolta), per lo slatko (la seconda raccolta, verso metà settembre) e per distillare la slivovica.
I frutti destinati alla produzione di slatko devono presentare uno stato di maturazione tale per cui la polpa è soda e la buccia intorno al picciolo presenta una leggera rugosità che ne consente la facile asportazione. Lo slatko ha un colore che va dal giallo miele al rosa scuro, gusto leggero e consistenza cremosa. Si abbina bene con i formaggi freschi e a Goradze si mangia con il kaymak (una crema a base di panna cruda simile al mascarpone) o con la feta locale a base di latte di pecora.

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Lo slatko di prugne pozegaca è prodotto da un gruppo di donne che, con l’aiuto delle più anziane, ha recuperato la ricetta tradizionale. Le produttrici – riunite nell’associazione Emina – hanno realizzato un piccolo laboratorio a norma. Nel 2008, con l’ausilio di un tecnologo alimentare del programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, hanno fissato alcuni parametri della ricetta per assicurare la costanza qualitativa della produzione. Queste indicazioni sono state inserite nel disciplinare del Presidio, adottato nel 2009. La Fondazione Slow Food per la Biodiversità aiuta l’associazione Emina a incrementare la produzione, coinvolgendo nel progetto nuove produttrici ma anche coltivatori (per migliorare la cura dei vecchi alberi e mettere a dimora nuove piante di prugne). Il sostegno passa anche attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle piccole produzioni di qualità. Per questo il Presidio promuove l’organizzazione dell’annuale Festival del gusto di Ustikolina, nato proprio per la volontà delle produttrici del Presidio di far conoscere le ricchezze gastronomiche locali.

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